FastLetter!
FastLetter!
Intelligenza Artificiale & SEO: lo Tsunami è qui!
2
0:00
-19:47

Intelligenza Artificiale & SEO: lo Tsunami è qui!

2

FastLetter - Una fonte buona dalla quale aggiornarsi
a cura di Giorgio Taverniti
N. 30 - 19 Dicembre 2022

Di cosa parliamo

  • AI per la Creazione dei Contenuti: ecco lo Tsunami!

  • AI per la Ricerca: il competitor di Google

  • Google SpamBrain contro i Link Artificiali

  • L’EAT diventa EEAT

  • Non mi iscriverò né a Mastodon né ad altre: mi sono rotto le scatole

  • Strumenti

  • Da leggere

  • Interviste

  • Saluti

Premessa: siamo quasi a 5.000 iscritti alla FastLetter. È una bella soddisfazione. Negli ultimi mesi è cresciuta molto nonostante siamo solo a 3 pubblicazioni da dopo l’estate ad oggi.

Questo è un segno molto importante. Io sono da sempre contrario a stabilire una frequenza a piori. Per alcuni periodi ho anche testato varie frequenze a seconda degli ambienti. Non dico che non funziona, dico che dipende. Dipende da te, ovvero da come ti trovi meglio come Content Creator e dalla qualità di quello che pubblichi.

Certo che la quantità ha la sua importanza. Ma se pubblichi cose di alta qualità ed interesse, la frequenza passa in secondo piano. Poi se gli obiettivi sono altri, il discorso cambia.

Auguro a tutte le persone che stanno leggendo o ascoltando la FastLetter delle buone feste. Io rientrerò a metà Gennaio con una nuova edizione, la numero 31.

Grazie per tutto.


AI per la Creazione dei Contenuti: ecco lo Tsunami!

Finalmente sta diventando un tema comune, lo vedo nelle mie bacheche social che apro sempre meno. Vedo facce e testi creati con l’AI. È bello vederlo, specialmente per noi che in qualsiasi evento ne parliamo da tanto tempo. È arrivata.

E nello stesso tempo Google inizia a mettere delle linee guida che vanno sempre più nella direzione di premiare l’esperienza, la qualità, la fonte.

Non è un caso. Il dado è tratto.

Chi ha venduto la SEO con la keyword density, con lo stuffing e con quelle minchiate là ne verrà travolto. Il problema è che l’Intelligenza Artificiale scrive meglio di quei testi, non perché è più brava nella scrittura, ma perché avete inondato Internet di testi che fanno schifo.

Scusate se per la prima volta non dico “abbiamo inondato Internet”. Non me la sento di mettermi in mezzo a questa affermazione, forse per la prima volta. L’ho fatto sempre. Ma questa volta no. È una battaglia che porto avanti da sempre.

Le persone non leggono su Internet? Certo, non leggono quando il testo fa schifo. È dura da digerire, ma è così.

Scrivere, sapere scrivere, è arte. I SEO che in questi anni hanno frantumato i cosiddetti alle persone che scrivono mettendo la SEO al primo posto sono finiti.

Ma c’è un problema: chi ha commissionato un lavoro di pessima qualità perché comunque andava bene? Secondo voi quelle stesse persone quanto ci metteranno a sostituire la scrittura fatta da persone con dei semplici copia&revisiona&incolla?

E questa è solo la superficie. Usare gli strumenti che abbiamo attualmente a disposizione per far scrivere dei testi è un po’ da stupidi. È come comprarsi una automobile per girare il mondo per poi restare nel proprio paesino di 3.000 anime e fare avanti e indietro dalla casa al bar.

Questo tipo di strumenti è utilissimo per fare tanto altro e ovviamente più si è preparati su un tema più possiamo tirarci fuori il meglio che c’è. È uno strumento che entra nel proprio processo creativo.

So che ancora pochi la vedono in questo modo, ma fidatevi, sarà così. Così come abbiamo inserito la Search Console nel nostro flusso di lavoro, inseriremo l’AI.

A parte farmi fare qualche riga di codice per risparmiare tempo l’ho usata per:

  1. farmi tirar fuori tutti i temi principali e tutti i temi secondari di come dovrebbe essere strutturato un corso che farò in futuro. L’ho letto, rivisto, mi sono fatto la mappa mentale e mi sono aggiunto tutto quello che mancava. È stato come un confronto con una collega. A tutte le persone che in questo momento stanno sghignazzando consiglio di smettere di sentirsi superiori, mettersi in gioco e provare.

  2. gli ho dato in pasto la trascrizione dei video di YouTube (che già fa YouTube, ho fatto un copia incolla del testo). Ho preso anche il Corso di HTML per SEO eh. Mi sono fatto fare il riassunto. Mi sono fatto fare i riassunti di alcune parti.

  3. mi sono fatto aiutare nella keyword e nella topic research

  4. gli ho dato in pasto degli articoli e gli ho chiesto cosa potevo approfondire o se mi sfuggiva qualcosa.

E siamo solo all’inizio. Ed è molto limitata attualmente. Appena potrà uscire fuori dal suo contesto di conoscenza e potremo dargli in pasto cose più facilmente ci sarà da divertirsi (ci sono estensioni, ma non intendo solo questo).

Attenzione però, non mi ha SOLO fatto risparmiare tempo, ma Energie Mentali che ho impiegato in altro, ovvero nella verifica di quanto mi proponeva, nel miglioramento, nel confronto con quello che pensavo prima.

Nella Creazione di Contenuti è come avere qualcuno al tuo fianco che potenzia il tuo modo di ragionare, ti amplia le vedute. Ti stimola la creatività. Può aumentare di molto la quantità e la qualità dei contenuti che si creano perché può essere molto stimolante anche quando le nostre finestre creative sono spente.

Certo, deve essere usato bene. Quando arriverà alla massa prenderà una piega peggiore, tanto oramai siamo grandi. Lo abbiamo capito qual è l’evoluzione delle cose no? Dai, abbiamo troppa esperienza per credere ancora alle favole.

L’AI darà una grossa mano a chi la SEO la fa bene e a chi crea Contenuti. Avremo un periodo di assestamento, ma tra gli “smanettoni della domenica” e chi la farà a livello professionale ci sarà un gap mostruoso. Anche perché collegare le API e iniziare a far processare informazioni nell’attuale flusso di lavoro SEO può fare la differenza: basta che sia il nostro cervello a guidare l’AI e non il contrario.

E probabilmente l’AI scatenerà un grande dibattito sull’attribuzione della fonte. Chissà che non ci dia una mano a trovare una soluzione su questo fronte.

Di sicuro Alessio Pomaro, Enrico Altavilla, Paolo dello Vicario ne parleranno ancora ai nostri eventi. E di sicuro a inizio 2023 farò qualche live sul tema, mi piacerebbe proprio farvi vedere come la uso con un esempio concreto.


AI PER LA RICERCA: IL COMPETITOR DI GOOGLE

Ad oggi c’è molta eccitazione verso l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale nella creazione di contenuti. Ovviamente c’è eccitazione nella mia bolla, perché nel nostro settore sta esplodendo ora limitatamente agli usi che possiamo farne noi.

Non chiudiamo la mente: già in altri settori l’eccitazione c’è da un po’ e per cose ben più importanti, come quello della salute. Quindi, diamoci un contegno, ridimensioniamoci e riportiamo a terra ciò che stiamo mettendo in cielo.

Rivoluzione ok, ma nel nostro piccolo.

Comunque sia, in merito a Google che alla fine la spunta sempre, Gianluca Diegoli scrive:

Anche se con ChatGPT e altre AI potrebbe essere nato un modello di ricerca che mina alla radice il suo unico modello di business davvero profittevole, molto più che “la ricerca su TikTok”. Sarà interessante lo scontro di intelligenze artificiali: contenuti creati artificialmente contro algoritmi di ricerca che si scontrano con algoritmi AI che non ti rimbalzano a siti ma ti danno le risposte. Popcorn!

E poi aggiunge che io sono LA fonte. Gianluca ti ringrazio per la stima.

Secondo me è proprio così: il modello di ricerca di questo tipo è proprio una modalità attualmente mancante per Google. E in alcuni ambiti di ricerca è potenzialmente rivoluzionario. Devo ammettere che io la uso più per lo studio che per la creazione di contenuti.

Una modalità di ricerca di questo tipo, integrata ad una serie di aggiunte che Google può fare, porterebbe la ricerca ad un altro livello.

Ma Google ad oggi non può permetterselo. Tramite Marino Lagattola ho scoperto questo articolo di HD Blog che in fondo riporta la fonte originaria della notizia che è CNBS. Sunder Pichai parla di reputazione. E in effetti almeno il 90% delle ricerche che ho fatto con ChatGPT mi ha sempre detto frasi il cui succo era: attenzione, potrei sbagliarmi, cerca informazioni più precise sui motori di ricerca. E molte volte sbagliava.

Google ha fatto della sua affidabilità un valore troppo forte. L’Intelligenza Artificiale sbaglia cose clamorose e imprevedibili. Se nella nostra mente passiamo da “l’ho trovato su Google” a “me l’ho ha detto Google” il rischio reputazionale è così alto per il brand che non vale la pena correrlo. Almeno da oggi.

Insomma, se ChatGPT è razzista oppure pericoloso, ad oggi non importa a nessuno. “È agli inizi”, “deve migliorare”, “è l’algoritmo”. Se lo fa Google è un casino.

Sono convinto che per competere con Google non lo si farà direttamente, ma in alcune tipologie di ricerca è possibile. Questa è una di quelle. Tuttavia ritengo che Google sia molto attenta a questa tendenza che ovviamente ha già sviluppato internamente.

Non mi stupirebbe in futuro, limitatamente ad alcune ricerche, avere un’altra icona nel widget della ricerca di Google, così come è per il microfono che porta ad Assistant o la macchina fotografica per Lens. Dove con un brand diverso, con miliardi di disclaimer, con centinaia di cose che non si possono chiedere, ci aiuta a scoprire di più.

Sull’AI non è finita. Anche il prossimo capitolo della FastLetter ne parla, ma prima:


GOOGLE: SPAMBRAIN CONTRO I LINK ARTIFICIALI

È dal 2015 che porto avanti un mantra: guardate che la direzione di Google è individuare i link di bassa qualità e ignorarli senza dircelo, quindi mi raccomando, non investite in attività di link a caso, puntate tutto sulla qualità.

Eccallà. È arrivato l’update di SpamBrain. Il sistema basato sull’Intelligenza Artificiale riesce a identificare i siti che fanno spam e che concentra questo update sui link, mettendo un peso maggiore sull’acquisto e vendita dei link.

Mettiamo a fuoco i 4 punti chiave rilevanti:

  1. SpamBrain lavora in tutte le lingue. L’update è valido anche per il mercato Italiano.

  2. Individua lo spam tramite i link andando a individuare sia chi compra che chi vende. È bidirezionale.

  3. Attenzione che lo spam non lo individua solo tramite i link, ma anche tramite la bassa qualità dei contenuti.

  4. Verso l’ultima riga Google scrive: “se vedete siti che link non organici, segnalateli”. È chiaro a tutte le persone come funziona l’Intelligenza Artificiale? Grazie alle nostre segnalazioni Google impara a trovare pattern tra questi siti.

Pensate che nel 2021 hanno dichiarato di aver individuato 200 volte più siti di spam rispetto a quando hanno iniziato quasi 20 anni fa.

Alcuni li ignorerà, altri penalizzerà direttamente. Molte volte non ce ne accorgeremo se non con un calo di traffico.

Un po’ come dicevo sopra riguardo ai testi, ovvero che su Internet c’è lo schifo, lo stesso vale per i link. C’è lo schifo in giro.

Significa che i link non serviranno più? In realtà proprio no. È vero che ci sono tipolgie di query dove i link non sono più l’ago della bilancia e questa cosa resterà. Ma nel momento in cui Google riuscirà a ignorare DAVVERO TUTTI i link di bassa qualità, allora i link di alta qualità faranno ancora di più la differenza.

Niente di nuovo sotto il ponte della SEO. Solo schiaffi a destra e sinistra a chi si ostina a portare avanti attività di basso profilo. Più a lungo porterete avanti questa filosofia più il tonfo sarà pesante.

Così come nella scrittura varrà anche con i link. Ma davvero possiamo ancora essere così miopi nel capire questa direzione oramai evidente a chiunque?

Da qualche anno a questa parte sembro un disco rotto: Diventa la Fonte, crea Risorse, punta sulla Qualità e l’Autorevolezza. A margine vi segnalo anche il parere di Dario Ciracì su WebInFermento dove approfondisce con dei consigli sul tema.

E ora possiamo chiudere il cerchio con la novità sulle linee guida dei Quality Rater.


L’EAT diventa EEAT

Google ha fatto un update importante alle linee guida dei Quality Rater. Ne ha parlato Marino Lagattola qui e me lo ha segnalato subito Mariachiara Marsella. Mariachiara è l’unica persona di cui mi fido sulle linee guida dei Quality Rater: quando non ho tempo di leggerle, mi affido alle sue parole.

Qui lei dice:

Google annuncia ufficialmente che il famoso acronimo (Expertise, Authoritativeness, Trustworthiness) aggiunge ora un E che sta per Experience e che quindi c'è ora una nuova versione delle Linee Guida scaricabile qui https://lnkd.in/dNx2MFAs

Esperienza significa: "con un certo grado di esperienza" e fa due esempi:

Se stai cercando informazioni su come compilare correttamente la tua dichiarazione dei redditi, probabilmente desideri vedere contenuti prodotti da un esperto nel campo della contabilità.

Se stai cercando recensioni di un software di tipo fiscale, potresti cercare un diverso tipo di informazioni come una discussione del forum di persone che hanno esperienza con servizi diversi.

Continuo nel dire: siamo sicuri che tutti possono scrivere tutto (inclusa l'AI)?

È molto bello vedere che Google inizia il suo articolo scrivendo “Many creators are familiar with the concept of E-A-T”.

Si parla tanto di People First content, degli update sulle recensioni, del content helpful update.

Vi lascio con un consiglio: come potete dimostrare che avete fatto esperienza in quel tema? Che proprio avete passato del tempo con quel prodotto, in quel campo, in quel paese?

Google sta alzando l’asticella per il concetto di Qualità in molti punti dei suoi tanti algoritmi.

Se avete tempo leggete gli esempi delle linee guida dei quality rater che sono sempre super interessanti. Eccole qua.

Vi lascio con qualche approfondimento SEO.

  1. Galleria degli elementi visivi della Ricerca Google

  2. Google Search Status Dashboard

  3. The Content Quality & Helpfulness Questions Google Sheet di

    è aggiornato!

  4. Google paga per le recensioni false di Andrea Pernici

  5. È la prima volta che lo vedo, figata! Google Super Liquido :D

  6. Alessio Pomaro segnala due cose interessanti: API "user flow" di Lighthouse: le performance su tutta la vita della pagina e Eliminare il CSS non utilizzato? Tool interessante.


NON MI ISCRIVERÒ NÉ A MASTODONT NÉ ALTRE: MI SONO ROTTO LE SCATOLE

Il 3 Febbraio del 2021 scrivevo: Clubhouse: torna la piaga delle cavallette.

La sintesi di quel pensiero è semplice: come cavallette saltiamo insieme da un social all’altro in nome della visibilità. Senza magari tenere conto che la visibilità c’è in quanto c’è scarsità, non perché siamo fighi e interessanti. Invece pensiamo di esserlo.

Ed evidenziato 3 problemi molto importanti: nessuna moderazione, non conforme al GDPR e non accessibile.

E mentre in tanti raccontavano che era il Social del Futuro, che avrebbe superato le Radio, io dicevo il contrario citando Italo Calvino che, su “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera scriveva: “Il suo romanzo ci dimostra come nella vita tutto quello che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile”.

Poche settimane dopo Clubhouse è diventato pesantissimo.

Ora sta succedendo di nuovo. Mentre prima però il salto delle cavallette era dovuto alla visibilità, ora è dovuto a motivi più etici. A spingere queste ondate è stato Elon Musk e le sue cazzate su Twitter. Cioè, lui ha reso evidente questa cosa, ma in realtà le persone stanno cercando dei luoghi diversi perché stanchi della monnezza.

Quindi stanno nascendo piattaforme nuove e si stanno popolando le vecchie.

Molte volte si lega questa scelta alle logiche della decentralizzazione. L’Internet dei primi anni aveva dentro di sé lo spirito della decentralizzazione, oggi stiamo legando questo concetto all’acquisto di un qualcosa che ti da il diritto di decidere.

Ma le community, nel significato più profondo del termine, non nascono intorno ai soldi e non ci sono aspetti economici dietro. Le community hanno un obiettivo che in termini valoriali è più alto di qualsiasi altro obiettivo. Di solito, quelle vere, si aggregano per creare un mondo migliore nel campo in cui sono coinvolte.
Quindi mi auguro che tutte le tecnologie nate in questi anni vengano usate dalle persone per agevolare la nascita di community vere.

Ma detto questo no, non mi iscriverò a niente. Mastodon l’ho provato anni fa. Le nuove piattaforme che arrivano sono tutte vuote di proposte reali. Piene di promesse.

Nessuna dichiara qual è la strategia reale per non ricascare nei problemi di oggi. Ma davvero possiamo credere alle piattaforme che dicono di essere un luogo diverso? Quante alte volte dobbiamo toccare il fuoco con le mani per capire che ci bruciamo?

Io sono stanco di bruciarmi.

Le piattaforme nuove sono un sogno perché c’è poca gente. E quando c’è poca gente, come ovunque, sembrano luoghi paradisiaci. Poi arriva l’ondata. E distrugge tutto.

Vale ovunque questa cosa. Il ragionamento lo potete portare in qualsiasi altro luogo che ha a che fare con gli esseri umani.

Il problema è uno: se non diamo alle persone gli strumenti adatti a creare consapevolezza non accadrà niente. Le persone devono partecipare nei social e avere dei doveri, prima ancora che dei diritti. Serve una carta operativa dei doveri delle persone sui social. Ma non aleatoria, non fuffosa. Una cosa pratica, verificabile, tracciabile con le piattaforme che mettono a disposizione strumenti reali per consentire alle persone di crescere in consapevolezza.

Invece qui siamo ancora al guardia e ladri. Al segnala e poi vediamo. A quel cretino di Elon Musk che per Trump fa un sondaggio dove votano un sacco di BOT e poi chiude il profilo di vari giornalisti. Ne parlano su Guerre di Rete che è tra i consigli di lettura di questa edizione.

Ma voi pensate che una qualsiasi altra piattaforma farà lo stesso solo perché dice che ascolterà di più la community? È un sogno, una presa in giro nei confronti di tutti.

E pensate che decentralizzare la cosa risolva il problema?

Il problema siamo noi. È la nostra esperienza e consapevolezza che non cresce nell’usare i Social. Non abbiamo indicatori, livelli, community manager. Una persona deve essere in grado di segnalare qualcosa e da quella segnalazione deve poter capire se è andata a buon fine, perché ha funzionano, perché non ha funzionato. E le persone che segnalano meglio devono avere dei livelli più alti. E servono più livelli. E ci vogliono delle penalità. E servono processi, flussi, controlli. Servono eventi, statistiche.

Dobbiamo partecipare in modo impegnato. Dobbiamo capire. Serve più trasparenza.

Io lo dico da circa 10 anni. Abbiamo creato Connect.gt con l’obiettivo di far vedere un esempio, ma non siamo mai riusciti a mettere in piedi gli strumenti di cui abbiamo bisogno. E questo mi dispiace un po’, speriamo di riuscirci nei prossimi anni.



Devo dire che le Newsletter stanno rappresentando sempre di più un luogo di qualità, un luogo molto apprezzato e seguito. Mi fa veramente piacere visto che da quando ho iniziato a fare formazione ho sempre sostenuto, senza mai indietreggiare, che sono il canale migliore. Sono quasi 20 anni che lo dico.

Per questo segnalo sempre qualche newsletter interessante qui nella FastLetter



SALUTI

Ed eccoci alla fine.

La condivisione è partecipazione! Se ti piace, condividi questa edizione E ricorda che è presente su tutte le piattaforme di podcast!

Share

2 Comments